Quando i topi sfidano i rivali a colpi di serenate: i comportamenti più umani del regno animale

Quando i topi sfidano i rivali a colpi di serenate: i comportamenti più umani del regno animale

Luca Antonelli

Novembre 26, 2025

Un canto che non sentiamo, un sorriso che assomiglia al nostro: la natura imita certi comportamenti umani in modo sorprendentemente concreto. In foreste e acquari, nelle acque degli oceani e nei laboratori universitari, scienziati e osservatori registrano gesti che richiamano le nostre abitudini quotidiane, spesso con funzioni diverse. La scena è semplice e familiare — un maschio che prova a conquistare, una madre che veglia, animali che comunicano con suoni o movimenti — ma dietro a questi atti ci sono meccanismi biologici e sociali precisi. Qui sotto, ecco come alcuni esempi emblematici raccontano relazioni, segnali e comportamenti condivisi tra specie diverse.

Canti, risate e segnali che somigliano ai nostri

Nel sottobosco dell’America Centrale alcuni topi non passano inosservati: il piccolo roditore noto come Scotinomys teguina produce vere e proprie serenate per attirare le femmine e difendere il territorio. I ricercatori che li osservano registrano duelli vocali in cui i maschi si sfidano a colpi di note; un dettaglio che molti sottovalutano è che gran parte di questi suoni si colloca a frequenze così alte che l’orecchio umano non le percepisce. L’attività è misurabile con microfoni speciali e appare chiaramente legata alla competizione sessuale e alla difesa dello spazio vitale.

Quando i topi sfidano i rivali a colpi di serenate: i comportamenti più umani del regno animale
Quando i topi sfidano i rivali a colpi di serenate: i comportamenti più umani del regno animale – royalpet.it

Allo stesso modo i primati mostrano comportamenti che ricordano il ridere umano. In esperimenti condotti su scimpanzé, bonobo, gorilla e oranghi, le sollecitazioni fisiche come il solletico scatenano risposte che assomigliano a una risata: respirazione accelerata, suoni ripetuti, cambiamenti nella postura. I ricercatori spiegano che si tratta di segnali sociali utili per rafforzare legami e regolare interazioni. Un fenomeno che in diverse aree del mondo viene studiato per capire come la comunicazione non verbale si sia evoluta anche senza parole.

Questi casi mostrano che suono e comportamento agiscono da ponte sociale: servono per attrarre, per allertare, per mantenere ordini di gruppo. Chi vive in città lo nota ogni tanto quando animale e uomo si sfiorano, nello stesso spazio, eppure mantengono codici differenti. È un promemoria utile per ricordare che molti tratti che giudichiamo esclusivamente umani sono, in realtà, più diffusi nella natura di quanto si pensi.

Sbadigli, riposo e forme semplici di sonno

Lo sbadiglio non è un’esclusiva umana: si osserva in scimmie, topi, alcuni pesci e in rettili come l’iguana marina delle Galapagos. Per questi animali lo sbadiglio non indica necessariamente stanchezza ma assolve funzioni pratiche: serve a rilassare le mascelle, a modulare la comunicazione sociale o, talvolta, come comportamento legato all’igiene orale. Osservatori e biologi sottolineano che il gesto ha una componente di segnalazione tra individui, utile per sincronizzare stati o per inviare avvertimenti senza aggressione.

In un’altra area della biologia del comportamento, ricerche condotte da studenti di neurobiologia al California Institute of Technology hanno messo in luce qualcosa di inatteso: anche organismi apparentemente semplici mostrano fasi di riposo analoghe al sonno. Le meduse del genere Cassiopea alternano periodi di attività e inattività con cali di risposta agli stimoli esterni, comportamento che molti considerano una forma di dormire. Un fenomeno che porta a ripensare quali criteri definiscano il sonno e apre la domanda se altre forme di vita meno complesse possano possedere analoghi cicli di riposo.

La scoperta ha implicazioni pratiche per la ricerca comparativa: se anche organismi senza un cervello centralizzato mostrano stati di riposo, si aprono nuove piste per studiare come il comportamento e la fisiologia si siano adattati in ambienti diversi. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è quanto la regolazione del tempo di attività sia fondamentale per la sopravvivenza, indipendentemente dalla complessità dell’organismo.

Legami, lutto e gesti riflessi che conosciamo

Tra i cetacei il lutto è uno dei segnali più vivi della complessità sociale: il caso dell’orca J35 è spesso citato perché la femmina ha vegliato la giovane morta per diciassette giorni, un comportamento che rivela cura prolungata e attaccamento. Questa osservazione ha spinto biologi marini a rivedere la percezione delle emozioni negli oceani: il gesto non è solo reazione istintiva ma componente di legami madre-figlio che si estendono nel tempo. È un dettaglio che molti sottovalutano quando si parla di fauna marina, soprattutto in acque come quelle del Pacifico dove gruppi familiari rimangono coesi anche da adulti.

Allo stesso tempo, gesti molto più quotidiani ci avvicinano agli animali: lo starnuto è un riflesso condiviso da cani, gatti, leoni, cavalli e foche e serve, come per gli umani, a liberare le vie aeree. Non essendo in grado di soffiarsi il naso, questi animali usano lo starnuto come unico mezzo efficace per espellere irritanti e mantenere la respirazione efficiente. Chi osserva gli animali da vicino nota come questi gesti si inseriscano in routine di cura e sopravvivenza quotidiana.

Questi esempi — dai canti che non sentiamo agli addii prolungati nelle acque — mostrano che molte forme di comportamento apparentemente “umane” sono risposte adattive a problemi comuni: attrarre una compagna, coordinare un gruppo, espellere un irritante, prendersi cura di un piccolo. Nel nostro rapporto con la natura resta il compito di riconoscere questi segnali e di capire che, spesso, il confine tra comportamento umano e animale è più sottile di quanto appaia.

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